Adimari e Tosinghi alle origini di
Santa Maria dei Servi di Firenze
(1256-1264)

Adimari e Tosinghi furono famiglie guelfe di Firenze ed ebbero una stretta relazione con i Servi di Maria di Cafaggio (oggi la SS. Annunziata) nel tempo appena successivo alla fondazione del convento (1250).
Fu nel marzo 1257 infatti che, tramite il procuratore, Mannino di dom. Rinuccino di Ugo Rossi, i fratelli Piero e Bonifacio del fu Pagano di Romagna vendettero a fra Bonagiunta priore generale (uno dei Sette Santi) della terra vignata vicino al luogo dove sorgeva Santa Maria.
Alla stesura dell’atto parteciparono i testimoni e tra loro un significativo personaggio della politica di allora: il guelfissimo dominus Manfredi Adimari * il cui nome è scritto per primo in segno di rispetto. Dopo di lui, i testimoni furono Filippo del fu Chiaro, Orlando del fu Aldibrandino, Marchesino di Brandolo, Feci di Riccomanno berrettaio e Benintendi di Iacopo.
Manfredi era stato esiliato nel 1248 durante il governo dei ghibellini, ma due anni dopo era ritornato in città e qui dimorava “optime,” con ogni onore.
La sua presenza nell’ambiente nel quale ebbe origine Santa Maria pertanto già richiama la parte politica che i primi frati appoggiarono e dalla quale furono sostenuti.

Non era passato molto tempo da tale vendita, che la poca fortuna dei guelfi fiorentini si manifestò con la sconfitta di Montaperti il 4 settembre 1260 e con la conseguente ulteriore cacciata dalla città da parte dei ghibellini. L’esilio per loro durò sei anni e si accompagnò alla confisca dei beni, specialmente di quelli particolarmente attaccati alla fazione.
Manfredi Adimari prese la via di Lucca e qui fu in contatto con un altro irriducibile guelfo, il rappresentante più illustre dei Tosinghi: Guidorosso detto Rossellino del fu Gottifredo di messer Bernardo di Gottifredo. Nato nel 1234, questi era già l’abile uomo politico che avrebbe fatto ancora maggior fortuna molti decenni dopo.
Come gli Adimari lo furono tramite Manfredi, così i Tosinghi con lui si dimostrarono una famiglia amica e di buon vicinato dei Servi.
Nel 1256, di febbraio, Rossellino risultava, assieme ai fratelli, uno dei proprietari confinanti di un pezzo di terra “in angulo ipsi Cafadii”. Fra Bonagiunta priore generale l’aveva comprato dal vescovo Giovanni che era gravato dai debiti contratti in Puglia mentre era al servizio della Chiesa Romana. Oltre ai beni del Tosinghi, i confini erano una via vecchia che veniva da porta di Balla, una via nuova parallela verso l’orto dei frati e la viottola davanti alla chiesa. Tra i testimoni all’atto appaiono prete Guglielmo cappellano del vescovo e frate Iacopo dei Servi di Maria.
Di per sé poteva significare poco questa vicinanza ma, durante la dimora forzata a Lucca, la relazione divenne più stretta. Rossellino si adoperò direttamente per il convento e lasciò ricordo in un’altra pergamena.
Questa volta, per sé e per i suoi eredi, vendette ai frati proprio il pezzo di terra confinante nel 1256. Un religioso si recò apposta a Lucca per il contratto: fra Cristiano sindaco e procuratore di fra Ristoro priore, rimasto a Firenze.
Nella carta la terra viene detta in luogo Cafaggio e limitata dalle mura della città, dalla chiesa dei Servi di Maria e dagli eredi di Boldroncino del fu dom. Bernardo di Gottifredi dei Tosinghi – i cugini di Rossellino.
L’acquisto era importante per Santa Maria, che allargava lo spazio intorno al convento. Per questo e per non subire gli imprevisti del tempo i Tosinghi dettero delle garanzie.
Rossellino promise di far compiere ai fratelli Ghigo e Bernardo la stessa vendita e di ottenere il consenso di Ermellina sua madre vedova di Gottifredi. Fastello del fu Ottaviano di Marsoppino dei Tosinghi e Ciampi del fu domini Napoleone sempre dei Tosinghi fecero fideiussione.
“Insuper” anche Orrabile, la moglie di Rossellino, promise di non opporsi alla vendita.
Non mancò, tra i testimoni al rogito, il compagno d’esilio dominus Manfredi del fu domini Adimari degli Adimari che nella carta precedette Tregana del fu Ventura da Firenze, frate Manetto (uno dei Sette Santi) priore del convento lucchese e frate Ambrogio Francisino (forse francese?).

Manfredi Adimari, Marsoppino di Azzo, Rossellino e Ciampi di Napoleone dei Tosinghi avevano partecipato tutti come capitani alla battaglia di Montaperti del 1260. Rossellino il 20 agosto promise 15 staia di grano del suo raccolto.
Il consorte Fastello di Ottaviano invece aveva avuto degli interessi a Lucca prima dell’atto sopracitato.
Appare infatti nel 1241 in una pergamena dei frati predicatori di San Romano nella quale si riporta il testamento di Tegliaio di Aldobrando Adimari a favore del figlio Iacopo (quasi illeggibile) e la nomina dei suoi tutori: tra questi i frati Ildibrandino dei Cavalcanti e Pagano degli Adimari e, tra i laici, appunto Fastello dei Tosinghi.
Tegliaio degli Adimari era stato capitano a Montaperti ed è noto perché, uomo saggio, aveva sconsigliato di ingaggiare battaglia in luogo che pensava sfavorevole ai fiorentini.

Infine qualche nota sul convento dei Servi di Lucca. È citato nel 1264 in modo contingente a quello fiorentino e in generale in questo periodo è poco documentato.
Gli Annali dell’Ordine lo ricordano nel 1254 legato a una compera di terra di fra Bonagiunta, ma non dicono di più.
Ebbe nel febbraio 1264, vedi sopra, frate Manetto come priore. Nel settembre dello stesso anno ricoprì tale carica frate Iacopo che due mesi dopo pagò un debito contratto per la compera dai nobili da Pescia di una casa presso Santa Maria dei Servi (di Lucca). Anche in questo caso i frati allargavano il loro spazio vitale.
Tra i testimoni alla scritta sul pagamento era presente ancora l’amico Fastello dei Tosinghi.

Paola Ircani Menichini, 14 maggio 2022.
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* Ricordando Manfredi Adimari come presenza importante nella vita dei primi Servi fiorentini, ci sembra di ‘raddrizzare un torto’ in quanto non è citato nei due regesti scritti nel monumentale e consultato Dal Pino, I Frati Servi di Maria dalle origini all’approvazione, 1972.



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